lunedì 26 ottobre 2015

SESSO, DROGA E ORIETTA BERTI

Edgarallanpò è un ribelle. Cazzo se lo è, pensa di se stesso mentre gira la manopola a 11. Sente e si sente Splendido Splendente mentre ascolta la sua Donatella, seconda solo a Raffaella e a sua maestà Orietta Berti, l'Usignolo di Cavriago, la Capinera dell'Emilia. Direttamente dal retto, dunque, espettora la Rettore e da vero alternativo, da orecchio maledetto, si riempie i padiglioni di suoni fecali e di fumanti melodie marroni. E di Femmine Bestia, che fanno capolino gracchiando o cinguettando, barrendo, starnazzando, gracidando, ciangottando o zirlando. Batte la grancassa del circo Iva Zanicchi, l'Aquila di Ligonchio, che si artiglia con Mina, la Tigre di Cremona. La rossa Pantera di Goro sta sbranando la Cerbiatta di Forlì e il Pulcino di Gabbro s'accoppia con la Nottola di Venezia, una spiritata Patty Pravo.

Marisa Sannia, la Gazzella di Cagliari, pascola spartiti tra cadaveri di donne e di fiere, mentre il disco s'intoppa e saltella e Edgarallanpò impreca, ma non può correre a picchiare il giradischi perché, in piedi sul bidè, sta sfogando la sua Ribellione agitando il pugno per Orietta, "pugnetta in quattro quarti". E finche la barca va, la lascia andare.

domenica 18 ottobre 2015

IL MAGISTRATO INNAMORATO

- Ho il tema per un musical, si chiama "il Magistrato Innamorato". Beh, c'è questo magistrato che mette a morte tanti imputati (qui parte il coro, "Sono colpevoli vostro onoooore"), e tutto questo va avanti finché la bella avvocatessa non cede alla sua Corte spietata.


- Pensavo all'altro Van, il Ludovico Van. Ha composto la Sinfonia n°9 che era completamente sordo e soffriva di flatulenze. Ora me lo immagino, sordo come una campana, che non si accorge che sta suonando troppo piano e i suoi peti sono tutti di un'ottava più alta.
Non c'è niente di più beffardo di un Inno alla Gioia fatto di scoregge.

mercoledì 7 ottobre 2015

I POOH DELL'APOOHCALISSE

Decide di parlare di se stesso in terza persona, come Giulio Cesare nel De Bello Gallico. Il tempo però è il Presente, nuvoloso, senza schiarite. Dietro di lui lo scenario è costituito sostanzialmente dalle rovine dell’antica Roma. Ed è un segno della Fine.
Cammina con le mani in tasca e guarda in basso. Tra le lattine vuote e la spazzatura, spicca la pubblicità colorata di un detersivo. Cammina con le mani in tasca e guarda in basso, poi afferra nervosamente il cellulare in cerca di una Sua chiamata, che ovviamente non c’è. E anche questo è un segno della Fine.
“Schierano di Satana! Adoratore di falsi idoli!”, gli urla il Predicatore, agitando un grosso tomo della Bibbia di Gedeone. “Pentiti, perché il mondo sta per finire! Non hai visto i segni della Fine?”
Li ha visti, i segni. Cammina con le mani in tasca e guarda il cielo, vede le nubi addensarsi e uno stormo di corvi neri e le cavallette. E ripensa a quella mattina.
Faceva colazione: latte e cereali olandesi Melk Hagel Slag. Per radio, un successo clamoroso dei suoi beniamini, i Pooh.
Poi il deejay ferma la canzone, bruscamente, e lo dice, ed è quello il primo dei segni della Fine.
“I Pooh si scioglieranno dopo l’ultimo concerto alla fine del mese”
I Pooh si scioglieranno! Fosse stato lo scioglimento delle calotte polari, avrebbe pianto di meno.
Non è finita.
“In occasione dell’ultimo concerto”, continua il messo radiofonico della sciagura “Roby Facchinetti, Dodi Battaglia e Red Canzian suoneranno con gli ex membri del complesso Stefano D’Orazio e Riccardo Fogli”
Cosa?
Stefano D’Orazio, poteva tollerarlo.
Ma Riccardo Fogli, il traditore, il Giuda Iscariota?
Pensa alle implicazioni cristologiche di quanto ha appena udito. Il più grande complesso della storia del rock sta morendo, e in punto di morte, la Santissima Trinità (Roby, Dodi, Red) perdona l’infame rinnegato Fogli.
Solo i Pooh e Gesù sono capaci di tanto Amore.
È tutto così epico, crepuscolare, struggente.
Vuole dirlo a Lei. Le telefona, dimenticando che ieri era il loro anniversario e lui non c’era e se c’era dormiva. La trova sul piede di guerra. Mentre viene puntellato dalle sue frecce, la immagina dipinta come un Cherokee, ma col sangue mestruale al posto delle pitture tribali.
“Cazzo, donna, come puoi pensare a ‘ste cagate quando tra poco i Pooh non ci saranno più?”
Dopo questa frase, se l’è giocata. Probabilmente Lei terrà il muso per una settimana, forse lo lascerà per sempre.
Torniamo al Presente.
L’uomo solo è entrato in un bar. Legge distrattamente il Corriere della Sera, sorride alla cameriera che ha sicuramente notato il suo dopobarba che sa di pioggia. Ma perché ogni giorno viene sera?
Improvvisamente un terremoto coglie tutti alla sprovvista. Tutti tranne lui, che ha colto i segni della Fine.
Scappa fuori dal locale. Il sisma non dà tregua, gli edifici sono sbattuti come Valentina Nappi in mezzo a un branco di superdotati etiopi. L’asfalto si squarcia. Dal cielo, lingue di fuoco. E li vede, i sette angeli e le sette trombe. L’angelo della chiesa di Efeso, quello di Smirne, e l’angelo della chiesa di Pergamo, mentre il Duomo cittadino sprofonda, e la Torre Campanaria crolla infranta. Poi, giunge l’angelo della chiesa di Tiatira. Ed ecco quello di Sardi. Segue l’angelo della chiesa di Filadelfia e infine quello di Laodicea, fante sullo scheletro di un cavallo morto. Il Dio delle città e dell’Immensità, da sempre grande fan dei Pooh, manifesta tutta la sua ira sterminando l’Umanità.

ANATEMA FINALE
Per l’autorità di Dio Onnipotente, del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo, sia egli, Riccardo Fogli, maledetto. Noi lo scomunichiamo e lo anatemizziamo, e dalla soglia della Santa Chiesa di Dio Onnipotente interdiciamo, perché sia tormentato. Sia egli maledetto nel mangiare e nel bere, nella fame e nella sete, nel digiuno, nel sonno, nella veglia, camminando, stando, sedendo, giacendo, lavorando, riposando, mingendo, cacando, flebotomando. Sia egli maledetto in tutte le facoltà del suo corpo. Sia maledetto nei capelli della testa. Sia maledetto nel cervello, nel cocuzzolo, nella tempia, nella fronte, nelle orecchie, nelle ciglia, nelle guance, nelle mascelle, nelle narici, nei denti incisivi e molari, nelle labbra, nella gola, nelle spalle, nei polsi, nelle braccia, nelle mani, nelle dita. Sia maledetto nella bocca, nel petto, nel cuore e nei visceri e più giù sino allo stomaco. Sia maledetto nelle reni e nell’inguine, nelle cosce, nelle ginocchia e nelle gambe, nei piedi e nelle unghie dei piedi. Sia maledetto in tutte le giunture e articolazioni delle sue membra, dalla cima della testa alla pianta dei suoi piedi; non vi sia salute in alcuna sua parte. Possa il Figliolo del Dio vivente, in tutta la gloria della sua Maestà maledirlo, e possa il cielo con tutte le sue potenze che in esso si muovono, insorgere contro di lui, maledirlo, dannarlo a meno che si penta e faccia espiazione. Amen, così sia. Così sia. Amen.*



* Questo è un vero anatema della Chiesa Cattolica!

lunedì 5 ottobre 2015

POPE'S GOT A BRAND NEW CHURCH (UN DITO NEL CULTO)

Ho provato diverse Chiese, qualche Moschea e anche una Sinagoga, ma mi sono state tutte strette. Per esempio, perché dev'essere empio, erigere un tempio a un dio a forma di canguro? Perché non posso credere nell'ostrica sacra, nella resurrezione dei dinosauri, in San Giuseppe Robot o nei Discepoli Ninja?
Dopo una seria crisi mistica per tutte le grigie religioni monoteiste attualmente a disposizione, ho deciso di fondare un nuovo culto. Politeista, naturalmente.
Ho inventato una dozzina di divinità principali, circa quaranta divinità secondarie, otto dei stronzi da imprecare e un dio inutile, tanto per ridere.
Il dio principale, demiurgo e padre di tutti gli altri, è una barbabietola rosa delle dimensioni di un campo da tennis. Il suo nome è Yhwgthhh, che significa "dio principale, demiurgo e padre di tutti gli altri, a forma di barbabietola rosa delle dimensioni di un campo da tennis e con un nome impronunciabile". Per gli amici e i fedeli, è semplicemente Filippo. Filippo ha generato il mondo, estraendolo da un cappello a cilindro in un trucchetto di magia inscenato per impressionare la Dea Figa, che è una vagina fiammeggiante grande come due campi da tennis. Il campo da tennis è l'unità di misura degli dei.
La Dea Figa non è ovviamente l'unica dea di bell'aspetto, ne ho create almeno quindici, ce n'è una per ogni categoria di YouPorn: la dea Ebony, la dea Teen, Blonde, Milf, Redhead e così via, fino alla dea Bondage Sadomaso con la sua frusta sacra.
Anubi l'ho ripreso pari dalla mitologia egizia. Gli ho solo cambiato il nome, perché un dio con la testa da cane ha più senso che si chiami Fido.
Poi ci sono il dio noce, il dio foca e molti altri, ma non voglio annoiarvi, potete credere negli dei aggiuntivi che vi pare, a Filippo sta bene.
Gli dei risiedono tutti nel leggendario Molise, un paese incantato grande alcune centinaia di campi da tennis. Generalmente gli dei oziano tutto il giorno, fumando sigari e ascoltando dischi in vinile. Sono piuttosto inutili. Filippo, dopo che ha generato il mondo, è scappato senza riconoscerlo come suo, per non assumersi delle responsabilità. Ha nominato un Vice-Dio. Questa è la principale innovazione della mia nuova religione: non si prega dio, ma quello che ne fa le veci. Il Vice-Dio è un pinguino tenerissimo, con i pattini e un cappellino di lana. Non ha nessun superpotere da dio, e se lo preghi, lui non fa nulla, ma è molto carino, con quel suo buffo cappellino.
Il giorno del giudizio è stato fissato per il 13 dicembre del 4046, dopo pranzo. Finito il dessert, il Vice-Dio a forma di pinguino dolcissimo con il cappellino di lana, farà alcune acrobazie con i suoi pattini e poi caleranno le tenebre. Per circa dieci minuti. Quando tornerà la luce, l'Umanità sarà stata sostituita da scimmie di ceramica bellicose ma fragilissime. Questa nuova era durerà due anni e mezzo, più o meno. Poi ci sarà un nuovo giorno del giudizio, e verrà l'era delle Carpe Volanti che durerà 4500 anni. E dopo è tutto da vedere.
Non c'è un testo sacro, non c'è un messaggio, non c'è un senso, è tutto palesemente stupido.
Vedrete che tra 2000 anni mi venereranno come Profeta.


Il Vice-Dio Pinguino, idealizzato

sabato 3 ottobre 2015

GLI SCHIUMATORI DEL MARE

Gli uomini dell’equipaggio del capitano Laudy sorreggevano mutuamente i rispettivi punti di domanda. Chi di loro aveva le orecchie più grosse? Il capitano passò in rassegna i suoi prodi lupi di mare con i quali aveva solcato i mille mari eccetto il Mar Morto che è un lago e il Mar Baltico perché gli tirava il culo. Chi di loro era maggiormente provvisto di quei preziosi organi dell’udito? La domanda era cruciale, dato che la Cruciale, bastimento del sopraccitato Laudy, capitano di marina e otorinolaringoiatra a tempo perso, colava sempre più a picco a causa del fuoco incrociato dei terribili corsari neri che avevano sparacchiato cannonate, così per spregio. Dunque, per l'ultima volta, chi, tra il banco marinaresco, possedeva gli orifizi auricolari più estesi? Pepito Gambadilegno si tolse il cappello e mostrò sconsolatamente che le sue orecchie erano purtroppo normali, sennonché le più medie dell’intero equipaggio. Filippo il mozzo invece, il pulitore di guano di gabbiano arruolato come radiologo di bordo, corrispondeva grossomodo a colui che tutti stavano cercando. Puzzava solo un po’ di più. Il capitano Laudy intuì da subito il potenziale delle sue orecchie e lo irretì con ripetuti tentativi di stupro. Il condottiero, che ormai avvertiva l’acqua sempre più prossima all’affogarlo, prese sottobraccio il giovane Filippo e gli disse: "Mozzo, abbiamo bisogno del tuo orecchio, come vedi la nave si sta inabissando. Da bravo mozzo, mozzati l’orecchio affinché assicurandoci ad esso potremmo stare a galla!"
"Capitano, sono molto lusingato della fiducia che nutrite in me, e i vostri consequenziali sforzi di immettere l'uncino nel mio didietro non possono che rendermi il mozzo più felice di quel che resta della gloriosa Cruciale. Aspirerei ardentemente a compiacervi, se solo potessi, ma c’è un quiproquò che mi impedisce d’esser così sollecito dal recidermi or ora, con questo temperino, il mio orecchio mancino, che sacrificherei volentieri alla meritevole causa di una salvezza collettiva, dato che dispongo di un orecchio destro ampio abbastanza da assolvere pienamente le funzioni basilari che svolgeva per me il sinistro."
"Non indugiare: se c’è un presupposto che ti frena nel tuo eroico gesto, ebbene esternalo!"
"Dolce capitano. Il mio orecchio ha un buco nel mezzo. Non può stare a galla!"
"Glu."

PAGINE A CASO DAL DIARIO DI VIAGGIO

Giorno 15. Ho conosciuto questo famoso Papa Francesco, davvero un tipo simpatico e alla mano. Con lui si può:
- sparare ai topi in discarica (da niño era un birbante)
- abbracciare lebbrosi
- fare scherzi telefonici a Brosio
- jacuzzi con le bolle papali
A fine giornata abbiamo pisciato su dei malati terminali per fargli sentire il calore umano.

Giorno 58. Sono sempre disperso da qualche parte tra i meridiani 0° e 20° O, nell’Antártica Chilena. Probabilmente la Sociedad Ballenera de Magallanes mi ha dato per spacciato, non credo verranno più a recuperarmi. Nevica e fa freddo, nel rifugio di fortuna che mi sono fabbricato con i resti del relitto. I viveri sono finiti da settimane e anche gli alti ufficiali da cannibalizzare. Oggi ho mangiato solo un po’ di nostromo che era avanzato, ma ho preferito di gran lunga il capitano di corvetta dell’altro ieri. Spero che qualche anima pia trovi i miei diari e mandi al più presto dei soccorsi. O un arrosto di ammiraglio bello grasso.

Foto di gruppo con i superstiti del naufragio, prima di fare
la conta per stabilire chi sarà la cena.

UN SOTTERFUGIO LEVANTINO

Ašgabat, letteralmente “città dell’amore”, è la capitale del Turkmenistan. Fondata dai Parti, fu rasa al suolo da un terremoto nel I secolo. Grazie al traffico dei commercianti che percorrevano la Via della Seta, rifiorì e divenne un centro prospero, ma fu nuovamente rasa al suolo nell’XI secolo dai selgiuchidi e poi nel XIII secolo dai mongoli. Poi fu rasa al suolo dal turkmeni, che la riedificarono daccapo. La città resse fino al 1881, quando arrivarono i russi a raderla al suolo. I russi ricostruirono Ašgabat e la dotarono di un’efficiente stazione che collegava il centro a tutti i principali gulag siberiani. Purtroppo però, nel 1948, un nuovo sisma rase al suolo Ašgabat, letteralmente “città dell’amore”, proverbialmente “città della rogna”. Ašgabat 6.0 era l’ultima versione della città, fasciata da impalcature e punteggiata di cantieri aperti, “che tanto poi viene giù di nuovo”, dicevano gli abitanti, e nessuno aveva voglia di spostare le ruspe o di finire i lavori.
Quella sera, in un piccolo locale sulla Prospettiva Machtumkuli, si teneva la finale del Campionato del Mondo di Pinnacolo. L’atmosfera folclorica era perfettamente resa dall’alito etilico della marmaglia di turkmeni sbronzi assiepata intorno al tavolo da gioco. A destra del mazzo degli scarti, o “pozzo”, com’è propriamente detto, il campione in carica, il temibile kazako Maksim Vlaminskij, conosciuto altresì come il Diavolo di Astana. A sinistra del pozzo, con la fronte grondante sudore e l’espressione concentrata, stava invece il bizantino Vantin.
Il tifo era spaccato in due. Il kazako s’alzò in piedi, strappandosi di dosso la camicia, che aveva trattenuto a stento un fisico erculeo e una peluria scimmiesca. Fu acclamato dalla curva destra degli sbronzoni, e si sentì un forte odore di alito alla vodka in direzione delle loro grida.
A sua volta, il bizantino Vantin s’alzò in piedi, si deterse il sudore con un fazzoletto di stoffa e poi fissò il suo rivale, diritto negli occhi. Non voleva apparire debole, anche se il cuore gli batteva forte nel petto. Di fronte a tanta audacia, anche la curva sinistra esplose in grida di supporto che puzzavano della birra locale, l’imbevibile ma economicissima Gourbansky Pijvo.
Il mazziere diede le carte, 13 a testa. Rimesso il mazzo al centro del tavolo, scoperse la prima, che era un tre di quadri. Vlaminskij e quel ragazzo Vantin si sedettero, e nessuno fiatò, perché toccava al grossissimo kazako fare la prima mossa. Vlaminskij pescò il 3 di quadri, ed esplose in una spaventosa risata che proveniva dalle viscere della terra.
La sua enorme mano nodosa appoggiò sul tavolo un “doppio” servito in prima mano, vale a dire Re, asso, due, tre, quattro, cinque, sei, sette di quadri. Con questa mossa, il Belzebù di Astana aveva steso il campione islandese in semifinale, mandandolo in coma. Il Diavolo calò alche un tris di quattro, tanto “chi cazzo se ne frega, la vittoria è mia”, pensava in cirillico. Poi scartò una Regina di picche e rimase con due carte in mano. “Alla prossima chiudo, e per te è finita, levantino. Ti stacco la testa e col cranio fracassato, ci faccio un posacenere!”, disse programmatico.
Toccava al bizantino Vantin.
Il bizantino Vantin pescò la Regina di picche, e come ogni volta, il prodigio avvenne. Tutte le carte che quel ragazzo Vantin aveva in mano, si tramutarono istantaneamente in due di picche.
Andava sempre a finire così, con un due di picche ogni volta che si avvicinava a una donna. Quel levantino Vantin, stirpe indomita di ragazzo bizantino, capito l’andazzo se n’era fatto una ragione. Un due di picche ogni volta che si avvicinava a una donna. Quel bizantino era diventato un campione di Pinnacolo, proprio in virtù del fatto che i due di picche sono “mattini” o “pinelle”, cioè i jolly di quel gioco di carte.

Il ragazzo Vantin pose sul tavolo la sua clamorosa “calata di pinelle”, questo il termine tecnico, che non valeva doppio, ma che lo condusse agevolmente alla vittoria.

Ašgabat. Futuristici edifici di cartapesta si stagliano sulla Prospettiva Machtumkuli.

Donne turkmene al mercato del pane secco di Ccchk. Il pane è utilizzato come
materiale edile, al pari della cartapesta.