Carne d’uomini e svellere di budella e polpe madide di
visceri che s’avviluppano in brandelli di cristiani nei pezzi di maomettano che
si squarciano e si straziano nel rantolo del crepitio del boato del fracasso
dello sconquasso dell’agonizzante grido disperato delle vedove stuprate dall’architrave
divelto delle rovine dell’orrido macello che s’infilza nella punta delle lance
che trafiggono lo stupro delle vergini nelle verghe insanguinate di salnitro e
zolfo e vomito di Satanasso che avvampano nelle fiamme omicide di veleno e
sangue viperino che sbaraglia con scannafossi e casematte dentro la terra, fra
nebbia di calcine e peci e trementine che scaglia la marmaglia saracina tra le
picche che sventrano gli scagliosi e duri usberghi luridi di fango e ventri e
frattaglie sciolte in furibondi fiotti nella fiumana vermiglia e al gran fragore
che si sente nei pianti disperati che si smorzano in ululi strozzati.
domenica 10 novembre 2019
venerdì 8 febbraio 2019
giovedì 17 gennaio 2019
IL MIGLIOR RISOTTO DI FUNGHI DEL PLEISTOCENE
A quei tempi vivevamo ancora nelle caverne e avevamo appena scoperto il fuoco. La scoperta successiva fu quella della misoginia, quando vidi mio padre brandire la clava e confinare le donne in cucina.
“Marisa, fammi un risotto!”, disse lo scimmione, con uno sguardo autoritario da vero tirannosauro.
Mia madre fu costretta a inventare la ricetta del risotto, e per prendere tempo sostenne che ci volevano i funghi.
“Qualcuno me li trovi, questi funghi! Voglio un risotto!”, tuonò quella bestia di mio padre, lanciando la cacca in giro (un’abitudine scimmiesca oggi un po’ démodé).
In quell’epoca pionieristica, ogni giorno si brevettava qualcosa di nuovo. Mio fratello Filippo aveva appena inventato la finta pensione d’invalidità, e si diede malato. Pierfilippo, il secondogenito, era alla caccia del triceratopo con gli amici Antonio e Gilberto, e stavano testando le armi che avevano appena inventato scheggiando delle selci: le mitragliatrici Browning M2.
“Un triceRATATATATA!”
Purtroppo però Papà Scimmia s’era incapricciato che voleva un risotto con i funghi e non un risotto con il triceratopo.
“Gianfilippo!”, disse con me, “Vai a raccogliere dei funghi. Accertati che siano commestibili, perché se moriamo tutti, poi come ci evolviamo in francesi, commercialisti, Branduardi e tutto il resto?”
Fu così che uscii di casa con un cestello e divenni il primo cercatore di funghi della storia. Ero ben consapevole dei rischi verso cui andavo incontro. Sì, perché al tempo nessuno si era mai premurato di stabilire quali cibi fossero commestibili e quali velenosi, semplicemente si ingoiava tutto e si incrociavano le dita. Zio Evaristo, ad esempio, era morto cercando di divorare un cactus intero con tutte le spine, e da allora imparammo a tagliare e pulire il cibo. Zio Gianfranco era scemo e mangiava i sassi, quindi ci astenemmo sempre dall’imitarlo, così come zio Saverio, goloso di coccodrilli, ci insegnò che non era prudente mangiare cose con più denti di noi, perché potevamo finire a nostra volta mangiati.
FUNGO N°1
Mi trovai di fronte ad un fungo dal cappello rosso acceso, cosparso di verruche bianche, con un bianco gambo cilindrico e slanciato, bulboso alla base. “Ed ora assaggialo. Ecco perché ti ho portato con me!”, dissi a Roberto, la cavia. Roberto si mostrò titubante, ma lo incitai. Ingoiò il fungo, e stramazzò a terra morto.
“Velenoso”, esclamai, e rapidamente feci un disegno sulla mia tavoletta d’argilla, che sarebbe servita da guida. Non era ancora stata inventata la scrittura, ma in compenso sapevamo fare bene i fumetti, e rappresentai il concetto con un bozzetto raffigurante Roberto, steso sulla schiena, che agonizzava e vomitava sangue.
“Amanita muscaria!”, convenni di chiamare quel fungo, e l’ispirazione mi venne osservando le mosche sul corpo di Roberto.
FUNGO N°2
Il secondo fungo lo trovai poco dopo, ma mi ci volle di più per convincere Martino ad assaggiarlo per me. Era un fungo tozzo e sgraziato, dal cappello bianco e dal grossolano gambo giallo-rossastro. Martino riuscì a descrivermi il suo sgradevole sapore, disse che puzzava di cadavere, prima di diventare paonazzo, soffocare e da lì a poco, emanare lo stesso odore.
“Velenoso! Boleto Satana!”, e illustrai alla bell’e meglio la travagliata sofferenza degli ultimi istanti di Martino.
ALTRI FUNGHI
Prestiamo un minuto di silenzio per i tanti anonimi martiri della scienza, immolati per il bene del progresso. Dopo dozzine di funghi velenosi e mortali, finalmente scopersi il Porcino, re del sottobosco, perfetto per il risotto. Ringraziai Mario, la cavia sopravvissuta, e tornai con il cestello pieno di grossi porcini alla grotta di famiglia.
Mio padre, il cui stomaco faceva il verso del brontosauro, stava saltellando impaziente e le pareti erano già tutta cosparse di feci scagliate per l’irritazione. Filippo e Pierfilippo, i miei fratelli, erano seduti a tavola e battevano i bicchieri rumorosamente.
“Funghi! Funghi! Funghi! Funghi! Funghi! Funghi!”, tam tam tam tam…
Il risotto stava mantecando a fuoco spento, e mia madre ci aveva aggiunto il burro e il parmigiano grattugiato.
“Funghi! Funghi! Funghi! Funghi! Funghi! Funghi!”, tam tam tam tam…
I funghi, pelati e lavati, rosolati a fuoco vivace per circa dieci minuti, avevano preso colore ed erano pronti per essere aggiunti al risotto.
La tensione era cresciuta fino al parossismo. Tam, tam, tam…
Improvvisamente finì la preistoria, sparì la grotta e non eravamo più scimmie. Portarono via tutto, Vostro Onore, ecco perché non ci sono le prove. Comunque si trattava di un risotto coi funghi in famiglia, smentisco assolutamente ogni mio coinvolgimento in quel festino con cocaina, truffels allucinogeni e i trans.
TOH UN ALTRO FUNGO
“Panaeolus cyanescens, l’hawaiano! Questo lo provo dopo il processo, Mario… Ci vediamo nel periodo Precambriano!"
“Marisa, fammi un risotto!”, disse lo scimmione, con uno sguardo autoritario da vero tirannosauro.
Mia madre fu costretta a inventare la ricetta del risotto, e per prendere tempo sostenne che ci volevano i funghi.
“Qualcuno me li trovi, questi funghi! Voglio un risotto!”, tuonò quella bestia di mio padre, lanciando la cacca in giro (un’abitudine scimmiesca oggi un po’ démodé).
In quell’epoca pionieristica, ogni giorno si brevettava qualcosa di nuovo. Mio fratello Filippo aveva appena inventato la finta pensione d’invalidità, e si diede malato. Pierfilippo, il secondogenito, era alla caccia del triceratopo con gli amici Antonio e Gilberto, e stavano testando le armi che avevano appena inventato scheggiando delle selci: le mitragliatrici Browning M2.
“Un triceRATATATATA!”
Purtroppo però Papà Scimmia s’era incapricciato che voleva un risotto con i funghi e non un risotto con il triceratopo.
“Gianfilippo!”, disse con me, “Vai a raccogliere dei funghi. Accertati che siano commestibili, perché se moriamo tutti, poi come ci evolviamo in francesi, commercialisti, Branduardi e tutto il resto?”
Fu così che uscii di casa con un cestello e divenni il primo cercatore di funghi della storia. Ero ben consapevole dei rischi verso cui andavo incontro. Sì, perché al tempo nessuno si era mai premurato di stabilire quali cibi fossero commestibili e quali velenosi, semplicemente si ingoiava tutto e si incrociavano le dita. Zio Evaristo, ad esempio, era morto cercando di divorare un cactus intero con tutte le spine, e da allora imparammo a tagliare e pulire il cibo. Zio Gianfranco era scemo e mangiava i sassi, quindi ci astenemmo sempre dall’imitarlo, così come zio Saverio, goloso di coccodrilli, ci insegnò che non era prudente mangiare cose con più denti di noi, perché potevamo finire a nostra volta mangiati.
FUNGO N°1
Mi trovai di fronte ad un fungo dal cappello rosso acceso, cosparso di verruche bianche, con un bianco gambo cilindrico e slanciato, bulboso alla base. “Ed ora assaggialo. Ecco perché ti ho portato con me!”, dissi a Roberto, la cavia. Roberto si mostrò titubante, ma lo incitai. Ingoiò il fungo, e stramazzò a terra morto.
“Velenoso”, esclamai, e rapidamente feci un disegno sulla mia tavoletta d’argilla, che sarebbe servita da guida. Non era ancora stata inventata la scrittura, ma in compenso sapevamo fare bene i fumetti, e rappresentai il concetto con un bozzetto raffigurante Roberto, steso sulla schiena, che agonizzava e vomitava sangue.
“Amanita muscaria!”, convenni di chiamare quel fungo, e l’ispirazione mi venne osservando le mosche sul corpo di Roberto.
FUNGO N°2
Il secondo fungo lo trovai poco dopo, ma mi ci volle di più per convincere Martino ad assaggiarlo per me. Era un fungo tozzo e sgraziato, dal cappello bianco e dal grossolano gambo giallo-rossastro. Martino riuscì a descrivermi il suo sgradevole sapore, disse che puzzava di cadavere, prima di diventare paonazzo, soffocare e da lì a poco, emanare lo stesso odore.
“Velenoso! Boleto Satana!”, e illustrai alla bell’e meglio la travagliata sofferenza degli ultimi istanti di Martino.
ALTRI FUNGHI
Prestiamo un minuto di silenzio per i tanti anonimi martiri della scienza, immolati per il bene del progresso. Dopo dozzine di funghi velenosi e mortali, finalmente scopersi il Porcino, re del sottobosco, perfetto per il risotto. Ringraziai Mario, la cavia sopravvissuta, e tornai con il cestello pieno di grossi porcini alla grotta di famiglia.
Mio padre, il cui stomaco faceva il verso del brontosauro, stava saltellando impaziente e le pareti erano già tutta cosparse di feci scagliate per l’irritazione. Filippo e Pierfilippo, i miei fratelli, erano seduti a tavola e battevano i bicchieri rumorosamente.
“Funghi! Funghi! Funghi! Funghi! Funghi! Funghi!”, tam tam tam tam…
Il risotto stava mantecando a fuoco spento, e mia madre ci aveva aggiunto il burro e il parmigiano grattugiato.
“Funghi! Funghi! Funghi! Funghi! Funghi! Funghi!”, tam tam tam tam…
I funghi, pelati e lavati, rosolati a fuoco vivace per circa dieci minuti, avevano preso colore ed erano pronti per essere aggiunti al risotto.
La tensione era cresciuta fino al parossismo. Tam, tam, tam…
Improvvisamente finì la preistoria, sparì la grotta e non eravamo più scimmie. Portarono via tutto, Vostro Onore, ecco perché non ci sono le prove. Comunque si trattava di un risotto coi funghi in famiglia, smentisco assolutamente ogni mio coinvolgimento in quel festino con cocaina, truffels allucinogeni e i trans.
TOH UN ALTRO FUNGO
“Panaeolus cyanescens, l’hawaiano! Questo lo provo dopo il processo, Mario… Ci vediamo nel periodo Precambriano!"
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