Non riesce a prendere sonno, quindi decide di contare le
pecore che saltano la staccionata.
Immagina innanzitutto la stalla, che appare come una
precaria costruzione di legno tarlato. Dalla porticina scricchiolante e
socchiusa usciranno a breve tutte le pecore, salteranno la staccionata del
recinto che circonda il loro rifugio e scorrazzeranno libere nei prati da
pascolo, che l’Insonne s’immagina lussureggianti e sconfinati. Dunque eccola,
la prima pecora, mettere il muso fuori dall’ovile.
“Uno!”, considera l’Insonne, incominciando il suo conteggio.
“No, aspetta… Uno! Dai, pecora numero uno!”
La prima pecora non sembra aver nessuna voglia di uscire, e
ricaccia la testa all’interno della stalla. L’Insonne è piuttosto spazientito e
gli ci vuole una buona dose d'inventiva per riuscire a figurarsi, finalmente,
che questa prima pecora riprenda l’iniziativa di uscire allo scoperto.
“Uno!”
La prima pecora si avvicina alla staccionata, l’annusa, e
poi si mette a brucare dei ciuffi d’erbaccia secca, lì dove si trova,
rifiutandosi di saltare dall’altra parte.
“Muoviti, stupida bestia! Salta la staccionata!”, impreca l’Insonne,
senza ottenere niente.
L'irresponsabile animale s’accascia, come per beffare il suo
padrone senza sonno, e s’addormenta. Fortunatamente un'altra pecora esce dalla
stalla.
“Due! Anzi no, uno!”
La pecora numero due, che procede zampettando, sarà la prima
a saltare la staccionata, superando così in graduatoria la pecora numero uno e
rilevandone il numero? L’Insonne spera di sì, ma riceve una cocente delusione.
Anche questa pecora s’arresta bruscamente invece di saltare.
“Ma che vi prende! Saltate! Saltate!”
L’Insonne s’immagina vividamente altre pecore uscire tutte
insieme, disordinatamente, dal capanno. Questa volta non attribuisce loro un numero,
il numero se lo dovranno guadagnare saltando dall’altra parte. Sono cinque o
sei nuovi soggetti, compresa una pecora nera e una bestiola scheletrica tutta
tosata. Anche queste nuove pecore, come le precedenti, si fermano davanti alla
staccionata senza neanche prendere in considerazione l’ipotesi di saltare. Si
ammucchiano le une vicino alle altre, urtandosi. La pecora magra strappa con
avidità gli ultimi ciuffi di quell’erba giallastra, e pensare che dall’altra
parte la vegetazione è abbondante e si sente scorrere placido un ruscello.
L’Insonne spera che vinta dalla golosità o dalla sete, una pecora si assuma
l’iniziativa di esplorare l’altra sponda e che venga presto imitata dalle
altre. Macché! Altre pecore, nel frattempo, sono uscite dall’ovile. Sono pecore
dalla lana arruffata, molto più massicce delle precedenti, e con delle grosse
corna ricurve. Questi enormi animali si posizionano nello stesso punto scelto
dal resto del branco, comprimendo le pecore più piccole contro la staccionata,
in una morsa soffocante. La prima pecora, che è ancora stesa a terra
addormentata, viene calpestata dagli zoccoli. Si sveglia di soprassalto, lancia
un terribile grido, ma schiacciata con violenza, soccombe ben presto. Le altre
pecore, insensibili, continuano a vegetare indolenti e a premersi sempre di più
le une contro le altre. Dalla piccola stalla di legno continuano ad uscire un
numero spropositato di ovini e il gregge ammassato di fronte alla staccionata
ammonta ormai a una trentina di capi, anzi no, 40 o 50 individui adulti e
qualche cucciolo che bela disperato, perché ha perso la mamma e perché gli
manca l’aria e presto finirà infilzato nel corno di qualche ariete. La tragedia
si mostra in tutta la sua brutalità: la stalla vomita ininterrottamente una
massa belante di pecore impazzite, che corrono a gettarsi su cumuli di pecore
morte soffocate, infilzate, schiacciate. Sanguinolenti animali azzoppati
emergono dall’ammasso di carne belante, si fanno strada a morsi, lanciando
raccapriccianti grida.
L’Insonne è terrorizzato, spalanca gli occhi ridestandosi di
colpo, ma è troppo tardi per evitare che centinaia di zoccoli lo calpestino a
morte e lo riducano a una poltiglia di sangue e lana.
Qualcuno potrà sperare che diventi un buon kebab.

